Assegnazioni, cessioni e trasformazione agevolate: profili fiscali nella scelta della
soluzione
Approvato dalla Commissione Studi Tributari il 6 luglio 2017
Lo studio in sintesi (Abstract): Lo studio intende approfondire alcune specifiche tematiche
che segnano i profili distintivi delle operazioni agevolate.
Si procederà analizzando la rappresentazione contabile e la fiscalità in capo al socio che
sembrerebbero penalizzare soprattutto la scelta della assegnazione dei beni ai soci.
Si approfondirà inoltre la particolare rilevanza fiscale del corrispettivo che potrebbe far
risultare, almeno sulla carta, più gravosa la soluzione della cessione onerosa seppur agevolata e
preferibile la stessa assegnazione.
Infine l’analisi riguarderà la valutazione degli effetti delle operazioni agevolate in funzione
della successiva rivendita dei beni assegnati, ceduti o posseduti, che potrebbe far risultare più
conveniente la trasformazione in società semplice.
Le conclusioni cui si perverrà varranno solo in relazione a fattispecie astratte dovendo essere
vagliate volta per volta in relazione al singolo caso concreto.
***
Sommario: 1. Introduzione – Opzione per una delle operazioni agevolate. 1.1 Disciplina comune 1.2
La scelta non costituisce abuso del diritto. 1.3 L’opzione dipende dall’analisi civilistica. 1.4 Analisi di
specifiche problematiche e dei relativi effetti – generalità.
2. Rappresentazione contabile della assegnazione di beni – prevalenza dell’aspetto civilistico. 2.1
Perché il valore contabile dei beni non può eccedere l’importo della riserva distribuita? – società di capitali.
2.1.1 La regola che il valore contabile dei beni non può eccedere l’importo della riserva distribuita vale
anche per le società di persone? 2.2 Come operare se il valore contabile eccede l’ammontare delle riserve
distribuibili? 2.3 Si può effettuare l’assegnazione se il valore contabile del bene eccede sia l’importo delle
riserve distribuibili che quello del capitale e delle riserve di capitale? 2.4 Se l’ammontare delle riserve e del
capitale sia inferiore al valore contabile del bene da assegnare si potrà ridurre tale ultimo valore al fine di
rendere fattibile l’operazione? 2.4.1 Se l’ammontare delle riserve e del capitale sia inferiore al valore
contabile del bene da assegnare si potrà integrare l’ammontare delle riserve distribuibili al fine di rendere
fattibile l’operazione? 2.5 Si può procedere con l’assegnazione di un bene immobile qualora il valore
contabile del bene non corrisponda al suo valore di mercato? 2.6 L’assegnazione con subentro nelle
passività può rappresentare una ulteriore soluzione se il valore contabile ecceda l’ammontare delle riserve
distribuibili e del capitale sociale? 2.7 Quali possono essere le eventuali soluzioni da adottare se sussistano
2
solo poste patrimoniali (riserve e capitale) in misura inferiore al valore contabile del bene oppure solo
passività? 2.8 La conclusione che esclude la possibilità di procedere con l’assegnazione di beni con accollo
di passività se sussistano solo poste patrimoniali (riserve e capitale) in misura inferiore al valore contabile
del bene è valida anche in caso di assegnazione in sede di liquidazione finale della società? 2.9 Differenze
tra assegnazione di un bene al socio con subentro nelle passività e vendita con accollo di debito- rilevanza
sul piano contabile. 2.9.1 Come incide l’accollo del debito nella imposizione diretta relativa al socio nella
assegnazione agevolata e nella cessione onerosa agevolata? 2.9.2 Differenze nell’imposta di registro tra
assegnazione di un bene al socio con subentro nelle passività e vendita con accollo di debito.
3. Rilevanza fiscale del corrispettivo 3.1 Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione
dell’imposta sostitutiva. 3.2 Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’imposta sostitutiva
e nella disciplina iva. 3.3 Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’imposta sostitutiva e
nella applicazione dell’imposta di registro.
4. Base imponibile: imposta sostitutiva e imposta di registro nelle cessioni e nelle assegnazioni. 4.1
Come opera l’opzione per il valore catastale in relazione alla possibilità di indicare ai fini del calcolo
dell’imposta sostitutiva anche un valore intermedio tra lo stesso valore catastale e il valore normale del
bene?
5. Fiscalità dell’assegnazione in capo al socio. 5.1 Quali sono le componenti che nella normativa di
favore riducono l’imposizione diretta in capo al socio di società di capitali? 5.2 Come opera l’imposizione
diretta in capo al socio di società di persone? 5.3 È possibile effettuare una assegnazione di beni non
proporzionale alla partecipazione posseduta? 5.3.1 Quali sono i riflessi sul piano civilistico della
assegnazione di beni non proporzionale? 5.3.2 Quali sono i riflessi fiscali della assegnazione non
proporzionale? 5.3.3 Quali possono essere le soluzioni alternative alle assegnazioni non proporzionali di
beni?
6. Opzione per una delle operazioni agevolate: le ragioni della scelta 6.1 Plusvalenze da rivendita
posta in essere dal socio assegnatario/acquirente o dalla società semplice.
7. Gli assetti successivi alle operazioni agevolate. 7.1 Ricadute nell’ambito Iva 7.2Ricadute in materia
di imposte dirette
Conclusioni
***
1. Introduzione- Opzione per una delle operazioni agevolate
Le assegnazioni e le cessioni agevolate di beni ai soci, nonché la trasformazione di società
commerciali in società semplici, pur strutturandosi in maniera differente sul piano civilistico, sono
trattate congiuntamente dalla normativa che disciplina le specifiche agevolazioni (1), essendo tutte
finalizzate alla estromissione agevolata dei beni immobili (2) dal regime fiscale d’impresa (3)
.
L’opzione (4) per una di esse pertanto non sempre risulterà agevole, come peraltro emerso
nel primo periodo di applicazione della nuova normativa.
1.1 Disciplina comune
La scelta risulta complicata proprio per la comune disciplina fiscale agevolativa. Per porre in
essere una qualsiasi delle operazioni agevolate infatti devono sussistere le medesime condizioni (5)
.
3
In particolare può trattarsi solo di specifiche tipologie di società (6) commerciali (7), possono essere
agevolabili solo (8) beni (9) non strumentali all’attività d’impresa e solo nei confronti di soci (10)
individuabili esclusivamente in relazione alla data di riferimento del 30.09.2015 (11)
.
A tutte e tre le operazioni si applica inoltre la stessa imposta sostitutiva delle imposte sui
redditi (12) e dell’irap, che presenta (13) i medesimi criteri di determinazione della base imponibile e
lo stesso regime di tassazione, dovendo essere sempre calcolata sulla differenza tra il valore
normale o quello catastale dei beni assegnati, ceduti o posseduti e il loro costo fiscalmente
riconosciuto (14) tranne che per le sole cessioni agevolate il cui calcolo dovrà essere effettuato
utilizzando il corrispettivo in luogo del valore normale o del valore catastale (15) del bene qualora
risulti maggiore di esso.
Tutte le operazioni agevolate sono caratterizzate infine dalla comune natura realizzativa,
anche se solo nei confronti dei soci, sia nelle imposte dirette che in quelle indirette (16)
.
Muovendo da tale scenario, con il presente lavoro, si intende offrire un contributo per
formulare l’opzione per una di esse. Si opererà mediante l’analisi di specifiche problematiche e in
particolare dei differenti effetti fiscali che, stante la diversa natura delle tre soluzioni, potrebbero
prodursi in capo ai soci e alla società (17)
.
La verifica andrà fatta caso per caso valutando l’impatto fiscale dei singoli elementi
caratterizzanti le diverse fattispecie (18)
.
Prima ancora di procedere, tuttavia, vanno premesse alcune brevi considerazioni di
inquadramento generale.
1.2 La scelta non costituisce abuso del diritto.
L’opzione per l’una o l’altra delle soluzioni, anche se basata su ragioni di convenienza fiscale,
non potrà essere bollata come elusiva.
I timori della prima ora sono stati cancellati dal Fisco (19)
.
Il risparmio d’imposta che ne potrebbe derivare, essendo preordinato all’esercizio di una
facoltà prevista dal legislatore, risulterebbe legittimo e non sindacabile come abuso del diritto ai
sensi dell’art 10 bis della legge 21 del 27 luglio 2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
1.3 L’opzione dipende dall’analisi civilistica
La scelta tra assegnare o cedere un bene a un socio, o realizzare nella sostanza lo stesso
risultato mediante la trasformazione in società semplice, risulta condizionata dalla preventiva (20)
analisi della fattibilità di dette operazioni in chiave civilistica (21)
.
A tal fine le indicazioni fornite dalla normativa fiscale di favore risultano solo complementari.
Si deve procedere quindi prioritariamente alla verifica della possibilità di porre in essere
l’operazione.
4
In caso di riscontro positivo dell’analisi civilistica si potrà passare al controllo della
sussistenza delle condizioni richieste dalla normativa fiscale di favore.
Infine solo in presenza di tutti gli elementi, si potranno valutare i risvolti fiscali più specifici e
quindi preferire l’una o l’altra delle fattispecie agevolate.
L’approfondimento che segue avrà a oggetto l’analisi di tale ultimo profilo.
1.4 Analisi di specifiche problematiche e dei relativi effetti – generalità.
Si procederà analizzando la rappresentazione contabile delle operazioni e la fiscalità in capo
al socio che sembrerebbero penalizzare soprattutto l’assegnazione.
Si approfondirà inoltre la particolare rilevanza fiscale del corrispettivo che potrebbe far
risultare, almeno sulla carta, più gravosa la soluzione della cessione e preferibile la stessa
assegnazione.
Infine l’analisi riguarderà la valutazione degli effetti delle operazioni agevolate in funzione
della successiva rivendita dei beni assegnati, ceduti o posseduti, che potrebbe far risultare più
conveniente la trasformazione in società semplice (22)
.
Le conclusioni cui si perverrà varranno solo in relazione a fattispecie astratte dovendo essere
vagliate volta per volta in relazione al singolo caso concreto.
2. Rappresentazione contabile della assegnazione di beni – prevalenza dell’aspetto
civilistico.
La rappresentazione contabile dell’operazione, pur interessando solo di riflesso l’ambito
fiscale, risulta funzionale all’inquadramento complessivo della materia e all’opzione tra le
operazioni agevolate. Ciò perché solo l’assegnazione di beni ai soci (23) deve (24) essere
rappresentata sul piano contabile (25) soprattutto per consentire la verifica di eventuali ricadute sul
capitale sociale a tutela della sua integrità.
Sotto tale profilo le risultanze contabili risulteranno decisive non solo in caso di assegnazione
dei beni (26) quale modalità di distribuzione di utili e/o capitale o riserve di capitale in natura, ma
anche quando la stessa attribuzione in natura rappresenti la fase liquidatoria (27) del recesso (28)
,
della esclusione del socio o la riduzione reale (29) del capitale.
L’unica operazione in cui la rappresentazione contabile non assume la stessa rilevanza è la
liquidazione finale della società (30) che può concludersi con l’assegnazione di beni ai soci a seguito
della approvazione del piano finale di riparto, perché solo in questa fase, a differenza delle altre
operazioni attributive, le norme a tutela della integrità del capitale non assolvono alla medesima
funzione.
Fatto questo inquadramento preventivo occorre verificare perché la rappresentazione
contabile caratterizza solo l’assegnazione di beni ai soci. Come emergerà meglio più avanti la
ragione principale deriva dal relativo inquadramento sul piano civilistico.
5
Esclusivamente tale operazione infatti, e non anche la cessione al socio o la trasformazione
in società semplice, si perfeziona mediante l’eliminazione di una posta attiva del bilancio (31) per un
importo corrispondente al valore contabile del bene, e di una corrispondente posta (32) del
patrimonio netto (33). Nello specifico si opera, nell’attivo, sulle immobilizzazioni materiali (beni
strumentali non usati strumentalmente dalla società) oppure sulle rimanenze (beni merce), e nel
passivo, per un ammontare corrispondente, sul capitale sociale oppure sulle riserve.
Sotto tale ultimo profilo occorre anche sottolineare che il tipo di riserve utilizzate (34), siano
esse riserve (35) di utili (36) che riserve di capitale (37)
, non incide sulla rappresentazione contabile (38)
dell’assegnazione, a differenza di quanto invece si verifica sul piano fiscale, ove, la diversa origine
delle riserve potrà rilevare sulla fiscalità della stessa in capo al socio.
Alla luce di tali indicazioni basilari emerge, come si è già precisato, che il tema della
rappresentazione contabile delle assegnazioni di beni ai soci debba essere necessariamente
sviluppato muovendo prioritariamente da un preventivo inquadramento civilistico dell’operazione
e considerando il connesso rispetto dei profili contabili e fiscali solo in chiave sussidiaria e
complementare.
È infatti principalmente sotto tale aspetto che va approfondito il rapporto tra valore
contabile del bene e ammontare delle riserve e/o del capitale muovendo dalla regola che il primo
non possa mai risultare eccedente rispetto a quest’ultimo, neanche con il consenso unanime dei
soci. I soci potranno anche attribuire ai beni da assegnare un valore diverso da quello di libro
(inferiore o superiore) ma tale scelta non potrà comportare una deroga al rispetto della integrità
del capitale sociale (39) e dei principi contabili.
2.1 Perché il valore contabile dei beni non può eccedere l’importo della riserva distribuita?
– società di capitali
La risposta immediata è perché l’operazione potrebbe risultare illegittima. Approfondiamo
l’argomento con riferimento alle società di capitali.
L’assegnazione di beni immobili “ai soci costituisce l’esito di una molteplicità di operazioni
sociali tra loro eterogenee” (40) che possono realizzarsi mediante la riduzione delle riserve
distribuibili che devono risultare per un ammontare almeno pari al valore contabile degli immobili
che si intende assegnare.
La ragione di tale assunto muove da una valutazione su un piano di legittimità. Occorre che
nell’operazione di assegnazione siano rispettate le regole poste a tutela della integrità del capitale
sociale.
In definitiva per non incorrere nel divieto di illegale ripartizione delle riserve ex art 2627 cc.
“è necessario ma sufficiente che il valore contabile dei beni assegnati non ecceda l’importo della
riserva distribuita (41)”. (arg. anche ex artt. 2433- 2 comma e 2478 bis – 4 comma c.c.).
6
Giova ribadire che, come si vedrà meglio più avanti (42), la conclusione è differente nel caso di
assegnazione di beni effettuata nella fase finale dello scioglimento della società.
2.1.1 La regola che il valore contabile dei beni non può eccedere l’importo della riserva
distribuita vale anche per le società di persone?
La risposta al quesito è positiva anche se basata su motivazioni non propriamente
coincidenti con quanto appena visto in materia di società di capitali.
Si deve osservare infatti che nelle società di persone le ragioni di tutela dell’integrità del
capitale sociale ricorrono in maniera un po’ più sfumata come desumibile dall’impianto normativo
di cui agli artt. 2303 e 2306 c.c., ove si evidenzia da un lato il divieto di distribuire utili non
realmente conseguiti e dall’altro l’indicazione di un termine per il rimborso del capitale.
Nelle società di persone infatti la necessità di garantire i creditori oltre che su tali regole è
basata anche sulla responsabilità illimitata dei soci.
Con riferimento a tali società pertanto in considerazione della diversa rilevanza del capitale
sociale il rispetto del rapporto tra riserve e valore contabile del bene da assegnare, trova il suo
principale fondamento soprattutto in una esigenza di quadratura contabile.
Aderendo, anche per ragioni prudenziali a tale orientamento (43), si deve ritenere che anche
nelle società di persone l’assegnazione di beni comporterà comunque l’annullamento di riserve di
utili e di capitale per un ammontare corrispondente al valore contabile del bene assegnato (44). La
stessa Amministrazione finanziaria ha infatti concluso in tal modo precisando che è consentito
(senza precisare se il riferimento sia alle società di capitali o di persone) usufruire della
assegnazione solo se vi siano riserve di utili (anche in sospensione) o di capitale di ammontare pari
al valore del bene da assegnare.
È opportuno precisare tuttavia come tale conclusione possa essere ritenuta sostenibile solo
per le società di persone in contabilità ordinaria e non anche per quelle che abbiano optato per la
tenuta della contabilità in forma semplificata (45)
.
2.2 Come operare se il valore contabile eccede l’ammontare delle riserve distribuibili?
Come correttamente sostenuto (46) “comportando l’assegnazione la fuoriuscita dal
patrimonio della società di un bene contabilizzato per un valore superiore a quello delle riserve
che potrebbero distribuirsi, dovrà necessariamente operarsi sul capitale” mediante la sua
riduzione reale e attivando le norme a tutela della sua integrità.
2.3 Si può effettuare l’assegnazione se il valore contabile del bene eccede sia l’importo
delle riserve distribuibili che quello del capitale e delle riserve di capitale?
La risposta è negativa, fatto salvo solo quanto si dirà (47) con riferimento alle società in
liquidazione. Non si può adottare la soluzione della assegnazione (48) se nel patrimonio netto
7
risultino poste patrimoniali (49) in misura inferiore (50) al valore contabile del bene che ne formi (51)
oggetto (52) e come si vedrà più avanti anche a prescindere dalla sussistenza di passività nelle quali
il socio assegnatario potrebbe eventualmente subentrare.
2.4 Se l’ammontare delle riserve e del capitale sia inferiore al valore contabile del bene da
assegnare si potrà ridurre tale ultimo valore al fine di rendere fattibile l’operazione?
La risposta è negativa.
Il dubbio si pone argomentando dal paragrafo 1 della circolare n 37 del 2016 ove
testualmente si prevede che “L’assegnazione comporta la necessità di annullare riserve contabili
(di utili e/o di capitale) in misura pari al valore contabile “attribuito” al bene in sede di
assegnazione. Tale valore può essere pari, superiore o inferiore al suo precedente valore netto
contabile”
(53)
.
A una prima lettura sembrerebbe che l’agenzia delle entrate ritenga possibile attribuire al
bene da assegnare un valore diverso (anche inferiore) da quello contabile. Estremizzando il
concetto si arriverebbe a sostenere che in presenza di riserve per 50 e di un valore contabile del
bene per 100, per rendere fattibile l’operazione sarebbe possibile ridurre il valore del bene a 50.
Tale conclusione tuttavia non può essere condivisa.
Per comprenderne la motivazione occorre muovere analizzando il lato passivo dello stato
patrimoniale. La delibera di distribuzione di una posta del patrimonio netto (riserva e/o capitale),
contabilmente, genera un debito della società verso i propri soci. Il suddetto debito dovrà poi
essere estinto o con un pagamento in denaro (c.d distribuzione in denaro) o mediante
l’assegnazione ai soci assegnatari di beni per un valore equivalente alla posta di patrimonio netto
annullata (c.d. distribuzione in natura). Se fosse assegnato un bene per un valore inferiore a quello
contabile si realizzerebbe un’operazione in contrasto non solo con le norme che impongono che il
bilancio rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della
società (arg. ex art. 2423 – 2 comma cc.) ma anche con le altre norme poste a tutela della integrità
del capitale. Potrebbero emergere perdite e relative modalità di copertura non consentite
dall’ordinamento; oppure si rischierebbe di liberare poste di bilancio che non avrebbero potuto
essere distribuite (54) in violazione anche del divieto di cui all’art. 2433- 2comma c.c..
La questione andrebbe allora inquadrata tenendo presente che, pena l’illegittimità
dell’operazione, il valore contabile dei beni o assegnato ai beni non potrà mai eccedere
l’ammontare del patrimonio netto.
Supponendo che tale verifica si concluda positivamente, solo ai fini fiscali, in aderenza a
quanto sostenuto dal Fisco (55), si potrà attribuire al bene da assegnare un valore diverso da quello
contabile (56) dal quale potranno anche emergere minusvalenze o plusvalenze.
8
2.4.1 Se l’ammontare delle riserve e del capitale sia inferiore al valore contabile del bene
da assegnare si potrà integrare l’ammontare delle riserve distribuibili al fine di rendere fattibile
l’operazione?
Al quesito potrebbe essere data risposta positiva purché si proceda anche all’approvazione
di una situazione patrimoniale aggiornata dalla quale emerga la riserva nel “nuovo” maggiore
ammontare la cui distribuzione, parametrata al valore contabile del bene da assegnare,
consentirebbe di eseguire l’operazione. Tale soluzione trova il suo fondamento sul piano
normativo (57), non solo nelle norme a tutela del capitale sociale ma anche argomentando dagli
articoli 2481ter c.c. per le Srl e 2442 cc per le Spa che fanno riferimento ai fini dell’aumento
gratuito del capitale sociale solo ai fondi iscritti “in bilancio” e 2478 bis per le Srl e 2433 c.c. nelle
Spa che consentono la distribuzione di utili realmente conseguiti e solo se risultanti da “bilancio
regolarmente approvato” (58)
.
2.5 Si può procedere con l’assegnazione di un bene immobile qualora il valore contabile
del bene non corrisponda al suo valore di mercato?
Partendo dalla premessa che i beni in natura a differenza del danaro possono
sostanzialmente portare a attribuire valori reali eccedenti quelli delle riserve distribuibili, si pone
l’ulteriore questione se l’operazione di attribuzione di un bene al suo valore contabile sia fattibile
sul piano civilistico e in caso positivo se il termine di raffronto debba essere il relativo valore reale
o il suo valore contabile.
Analizzando la questione sul piano del diritto sostanziale l’assegnazione risulterebbe
legittima (59) anche nel caso in cui il valore reale del bene sia notevolmente superiore al suo valore
contabile. Il relativo perfezionamento necessiterà del consenso unanime dei soci e potrà solo far
emergere eventuali problematiche di responsabilità degli amministratori verso la società e verso
terzi.
Ancorché non lesiva del capitale sociale infatti l’assegnazione potrebbe pregiudicare la
consistenza del patrimonio legittimando rimedi di tipo risarcitorio o revocatorio.
In ordine al secondo profilo d’indagine, relativo a quale valore considerare, giova ribadire
che le norme a tutela del capitale fanno riferimento alla rappresentazione contabile
dell’operazione e dunque al valore contabile del bene che ne formi oggetto. Con il risultato che
l’assegnazione di un bene a valori contabili nettamente inferiori al suo valore reale risulterà
fattibile purché effettuata nei limiti delle riserve distribuibili e/o del capitale o delle riserve di
capitale (60)
.
2.6 L’assegnazione con subentro nelle passività può rappresentare una ulteriore soluzione
se il valore contabile ecceda l’ammontare delle riserve distribuibili e del capitale sociale?
9
La premessa che il valore contabile del bene da assegnare debba trovare corrispondenza
nelle poste di patrimonio netto da annullare ha indotto a sostenere (61) che si possa procedere
comunque con l’operazione di assegnazione attribuendo non solo beni ma anche debiti (62), a
esempio assegnando anche le passività relative a mutui esistenti sui beni assegnati.
L’ammontare di patrimonio netto verrebbe aumentato con i debiti accollati fino a
concorrenza del valore contabile del bene.
Esempio:
Per assegnare un bene del valore contabile di 100 si potrebbero abbattere riserve e/o
capitale di 50 e subentrare in passività per i rimanenti 50.
Secondo tale ricostruzione sul piano contabile si dovrebbe procedere oltre che alla
soppressione dal passivo di una posta di patrimonio netto anche alla eliminazione di un debito, il
cui ammontare, sommato al valore di detta posta di patrimonio netto, sia pari al valore contabile
del bene espunto dall’attivo patrimoniale; il subentro nelle passività dovrebbe tuttavia concorrere
sempre anche con una eliminazione di una posta del patrimonio netto.
Non rileverebbe per tali finalità la natura e l’origine delle passività. Potrebbero essere
accollati non solo debiti della società verso terzi ma anche nei confronti dei soci.
Una diversa e preferibile ricostruzione (63), invece, muovendo dall’inquadramento civilistico
della fattispecie ritiene che non sia possibile procedere nel senso indicato in quanto per porre in
essere una assegnazione di beni (anche non agevolata) occorre comunque che nel passivo dello
stato patrimoniale risulti un netto contabile disponibile, il cui ammontare sia almeno pari o
superiore al valore contabile (64) dei beni assegnati e a prescindere dalla sussistenza di passività
nelle quali il socio assegnatario potrebbe subentrare (65)
.
Esempio:
Per assegnare un bene del valore contabile di 100 si devono comunque avere capitale o
riserve per almeno 100 a prescindere dal subentro in eventuali debiti sociali.
L’accollo delle passività in definitiva non potrebbe assolvere anche la funzione di integrare il
valore delle riserve fino a concorrenza del valore contabile del bene da estromettere.
Sul piano civilistico infatti il subentro nelle passività da parte del socio va a configurare
quanto meno una ricostituzione della riserva elisa in sede di assegnazione con il risultato di
patrimonializzare la società (66)
.
Occorre inoltre aggiungere che si ritiene preferibile tale ultima soluzione anche perché offre
maggiori certezze all’operatore sul piano fiscale. La differente ricostruzione qui contrastata infatti
potrebbe legittimare il dubbio sulla qualificazione della operazione come cessione onerosa
piuttosto che assegnazione di beni e esporre al rischio connesso alla relativa diversa incidenza
fiscale anche in sede di eventuale successiva riqualificazione da parte del Fisco.
Si pensi ad esempio al caso in cui l’assegnazione di un bene del valore di 100 si ritenesse
perfezionabile con la eliminazione di una riserva per 1 e con l’accollo di debiti per 99.
10
In materia di imposte dirette ciò potrebbe comportare un diverso calcolo dell’imposta
sostitutiva, sul corrispettivo anziché sul valore normale, e per le imposte indirette specie se il bene
non avesse scontato l‘iva a monte non si avrebbe neanche certezza sul regime impositivo da
applicare, registro o iva, non essendo possibile qualificare senza dubbio alcuno l’operazione come
assegnazione piuttosto che come cessione.
2.7 Quali possono essere le eventuali soluzioni da adottare se sussistano solo poste
patrimoniali (riserve e capitale) in misura inferiore al valore contabile del bene oppure solo
passività?
Se sussistano poste patrimoniali (riserve e capitale) in misura inferiore al valore contabile del
bene da assegnare oppure solo passività, non si potrà adottare la soluzione della assegnazione. Se
si volesse comunque procedere con un accollo delle passività si dovrebbe necessariamente
adottare la diversa soluzione della cessione onerosa con accollo del debito.
2.8 La conclusione che esclude la possibilità di procedere con l’assegnazione di beni con
accollo di passività se sussistano solo poste patrimoniali (riserve e capitale) in misura inferiore al
valore contabile del bene è valida anche in caso di assegnazione in sede di liquidazione finale
della società?
In caso di assegnazione in sede di liquidazione finale della società, a differenza di quanto
visto con riferimento alla normale attività sociale, sarà possibile assegnare beni il cui valore
contabile risulti superiore alle poste di patrimonio netto e eventualmente procedere anche alla
assegnazione attribuendo non solo beni ma anche debiti, trova la sua giustificazione nel diverso
impianto normativo.
In questa fase infatti non trovano più applicazione le norme a tutela della integrità del
capitale (67) visto che il rispetto dei termini di cui all’art 2492 c.c. è posto nell’esclusivo interesse dei
soci in quanto i creditori rimarrebbero comunque garantiti secondo quanto disciplinato dall’art
2495 c.c.. Come è stato correttamente osservato (68) il patrimonio della società in liquidazione
risulta comunque gravato dal vincolo di destinazione volto al soddisfacimento dei creditori sociali
(69)
.
La soluzione pertanto risulta coerente con i diversi interessi da tutelare essendo peraltro
anche facilitata mediante l’accollo di passività in capo al socio.
2.9 Differenze tra assegnazione di un bene al socio con subentro nelle passività e vendita
con accollo di debito- rilevanza sul piano contabile.
Lo scenario appena descritto costituisce la differenza principale tra assegnazione di un bene
al socio con subentro nelle passività e vendita con accollo di debito.
11
Se si volesse agire con una riduzione del patrimonio netto si potrebbe operare solo mediante
una assegnazione (70). Se invece, ad esempio per ragioni bancarie, lo si volesse preservare, si
dovrebbe consigliare la soluzione della cessione agevolata.
La presenza di passività non farebbe mutare la conclusione. Nella assegnazione, sul piano
contabile, si procederà, nel rispetto del rapporto tra valore contabile del bene/riserve, alla
simmetrica eliminazione di una posta dell’attivo (bene) e di una parte del passivo (posta di
patrimonio netto più debito).
Nella cessione invece, a fronte dell’uscita del bene, la società iscriverà sul piano contabile un
credito che verrà estinto con l’incasso del corrispettivo in denaro e/o tramite l’accollo di un debito
da parte del socio con la conseguenza che il patrimonio netto rimarrà inalterato nel rispetto dei
limiti di cui si è già parlato.
2.9.1 Come incide l’accollo del debito nella imposizione diretta relativa al socio nella
assegnazione agevolata e nella cessione onerosa agevolata?
La valorizzazione del subentro nel debito assume rilevanza in ordine alla fiscalità in capo al
socio solo nelle assegnazioni perché esclusivamente in tali operazioni, e non anche nelle cessioni
agevolate, per espressa previsione normativa (art 1 comma 118 legge 208/2015), il valore del bene
dovrà essere considerato al netto dei debiti accollati (71); sicchè il valore del bene assegnato potrà
risultare completamente azzerato oppure solo ridotto e ciò inciderà in misura corrispondente sul
piano fiscale (72)
.
Bisogna prestare attenzione però perché questa regola vale solo per la determinazione della
incidenza della operazione in relazione ai redditi maturati dal socio e non anche dalla società.
2.9.2 Differenze nell’imposta di registro tra assegnazione di un bene al socio con subentro
nelle passività e vendita con accollo di debito.
Le due fattispecie della assegnazione e della cessione, per quanto simili, equivalendosi sul
piano degli effetti civilistici potrebbero porsi diversamente anche con riferimento alla relativa
tassazione in materia di imposta di registro (73)
.
Il problema riguarda l’interpretazione della eccezione relativa alla tassazione degli atti che
contengono più disposizioni di cui all’art. 21- 3 comma del dpr 131 del 1986 che prevede che “non
sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni”.
Nello specifico occorre chiedersi se possano ritenersi valide anche con riferimento alle
assegnazioni con subentro nelle passività le conclusioni cui si perviene per le cessioni onerose con
accollo del debito.
In particolare con riferimento alla valorizzazione del “collegamento” cui fa riferimento la
norma che secondo alcuni uffici locali della agenzia delle entrate sarebbe da riferire alla diretta
inerenza del debito al bene venduto. Secondo tale ricostruzione l’accollo del debito,
12
genericamente indicato e comunque non collegato al bene oggetto di vendita, pur essendo
contestuale, dovrebbe essere tassato come un accollo autonomo con applicazione dell’imposta
nella misura del 3% ai sensi dell’art 9 tariffa parte prima del Tur.
Tuttavia in senso opposto, e pur rappresentandosi la massima cautela, si ritiene più corretto
sostenere che il collegamento che unitamente alla contestualità qualifichi per la esenzione
l’accollo di debito ai sensi dell’art. 21 terzo comma del Tur debba riferirsi all’operazione e non al
bene che ne formi oggetto.
Con riferimento invece alle assegnazioni con subentro nelle passività, pur essendo più
probabile rispetto alla cessione che il debito da accollare non sia “collegabile” al bene assegnato,
la problematica non avrebbe proprio ragione di porsi in quanto il suddetto debito non
concorrerebbe a formare la base imponibile ai fini della applicazione dell’imposta di registro
perché la passività risulterebbe assegnata in uno con la riserva di patrimonio netto (74). Non si
realizzerebbe in definitiva un accollo nel senso richiesto dall’art 21 – 3 comma del Tur.
3. Rilevanza fiscale del corrispettivo
La rilevanza fiscale del corrispettivo (75) in danaro (76) segna un ulteriore elemento di
distinzione che può risultare decisivo nella scelta della cessione agevolata ai soci.
Ciò non solo con riferimento alla quantificazione della imposta sostitutiva nelle imposte
dirette, ma anche con riferimento alla disciplina Iva (77) e nella applicazione dell’imposta di registro
(78) rispetto alle quali comporterà un’ulteriore diversa valutazione del relativo impatto fiscale (79)
.
3.1Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’imposta sostitutiva
La rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’ammontare dell’imposta
sostitutiva nelle cessioni agevolate è stata disciplinata con la previsione della specifica regola (80)
,
stabilita dal comma 117 dell’art. 1 della legge di Stabilità per il 2016, in forza della quale, solo in
caso di cessione agevolata al socio, l’imponibile per l’applicazione dell’imposta sostitutiva in capo
alla società, deve essere calcolato sul maggior importo tra il corrispettivo pattuito e il valore
normale o catastale dei beni ceduti (81)
.
Solo nella cessione onerosa (82), dunque, il valore “finale” di riferimento, in luogo del valore
normale o catastale, sarà costituito dal corrispettivo se, rispetto ad essi, risulti in misura maggiore
(83); bisognerà allora verificare caso per caso il rapporto tra il corrispettivo e il valore (normale o
catastale del bene).
In applicazione di tale norma le cessioni che si concludano per un corrispettivo maggiore di
tale valore, rispetto a quelle in cui lo stesso risulti di ammontare inferiore, risulteranno
assoggettate a un’imposta sostitutiva più elevata.
13
3.2Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’imposta sostitutiva e nella
disciplina iva.
Nell’analisi delle cessioni soggette ad Iva la qualificazione della incidenza del corrispettivo va
vagliata tenendo in considerazione che, a differenza della applicazione dell’imposta sostitutiva ove
il relativo ammontare rileverà solo se maggiore del valore del bene, la base imponibile sarà
sempre costituita dallo stesso corrispettivo (84) e a prescindere se lo stesso risulti maggiore del
valore normale/catastale del bene.
Occorrerà allora distinguere le diverse ipotesi prospettabili in relazione al rapporto tra valore
(normale/catastale) e corrispettivo e verificarne la diversa incidenza in relazione alle singole
imposte.
A ben vedere una sola ipotesi risulterà in grado di generare una problematica di
coordinamento. Si porrà solo quando il corrispettivo risulti (85) inferiore al valore normale/catastale
del bene oggetto di cessione e potrà risolversi indicando in atto due distinte basi imponibili. Il
corrispettivo rileverà solo ai fini Iva, mentre il valore normale/catastale costituirà il minuendo nel
calcolo del differenziale su cui applicare l’imposta sostitutiva.
Nel caso invece in cui il corrispettivo risultasse pari o superiore al valore normale/catastale
del bene oggetto di cessione (86) non si porrebbe alcun problema di coordinamento, in quanto lo
stesso ammontare rileverebbe per l’applicazione di entrambe le imposte (87)
.
3.3 Rilevanza fiscale del corrispettivo nella determinazione dell’imposta sostitutiva e nella
applicazione dell’imposta di registro.
Il coordinamento tra il corrispettivo della cessione agevolata, valorizzato ai sensi dell’art 1
comma 117 legge 208/2015, e il valore del bene, specie nel caso in cui sia sostituibile con quello
calcolato su base catastale (88), pone delle problematiche più rilevanti nell’ambito di applicazione
dell’imposta di registro rispetto a quanto visto con riferimento alla disciplina iva. Ciò perché,
come noto, il criterio di valutazione dei beni su base catastale (89) è applicabile solo a tutte le
cessioni agevolate (90) soggette a imposta di registro (91). Inoltre perché la nuova disciplina di favore
è riferibile anche a tutti i beni (92) cui sia applicabile la valutazione automatica ai sensi dell’art 52 –
4 comma del Tur (93) e non è limitata solo a quelli abitativi e loro pertinenze, rispetto ai quali
troverebbe già applicazione il criterio di determinazione noto come “prezzo valore” (94)
.
L’argomento più discusso riguarda le modalità di determinazione della base imponibile su cui
calcolare l’imposta di registro e in particolare se l’indicazione di un corrispettivo più elevato possa
dirsi vincolante oltre che per l’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’ires e dell’irap anche per
l’applicazione dell’imposta di registro (95)
.
In via preliminare, occorre sottolineare che la questione non ha ragione di porsi
relativamente alle cessioni onerose esenti da iva e soggette a registro aventi ad oggetto beni
abitativi e relative pertinenze (art. 10 n. 8 bis dpr 633 del 1972). Tali fattispecie infatti, ai fini
14
dell’applicazione dell’imposta di registro, non potrebbero risentire della applicazione della regola
della imposizione basata sul corrispettivo maggiore del valore catastale, potendo continuare a
essere regolate invocando il meccanismo del prezzo valore previsto dall’art. 1 comma 497 legge
finanziaria per il 2006, e rimanendo pertanto soggette a imposizione su due distinte basi imponibili
(96). La prima, alla cui determinazione concorrerà il corrispettivo (se più elevato) e su cui andrà
calcolata l’imposta sostitutiva, e la seconda su base catastale, rispetto alla quale in applicazione
del prezzo valore il corrispettivo non avrà alcuna incidenza e su cui andrà versata l’imposta di
registro.
Sempre in via preliminare, va anche precisato che, con riferimento alle cessioni, la
problematica si pone solo riguardo a quelle aventi a oggetto terreni agricoli (o meglio non
suscettibili di utilizzazione edificatoria, esclusi dalla applicazione dell’iva ai sensi dell’art. 2 comma
3 lett. c) del dpr 633 del 1972) (97)
. Infatti le cessioni di beni strumentali ( che nel caso di fattispecie
agevolata si ricorda essere solo quelli non di diretto utilizzo da parte della società) rientrando nel
campo di applicazione dell’Iva, sia che risultino esenti che imponibili, saranno sempre regolate con
l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa (98)
.
4. Base imponibile: imposta sostitutiva e imposta di registro nelle cessioni e nelle
assegnazioni.
Come anticipato la necessità di un coordinamento tra le regole dettate per l’applicazione
dell’imposta sostitutiva e la disciplina propria dell’imposta di registro interessa non solo le cessioni
ma anche e soprattutto (99) gli atti di assegnazione (100)
.
Va precisato infatti che oltre ai casi di assegnazioni di fabbricati abitativi e relative
pertinenze, per i quali valgono le stesse considerazioni formulate per le cessioni onerose aventi ad
oggetto i medesimi beni, rientrano nel campo di applicazione dell’imposta di registro anche le
ulteriori fattispecie di assegnazione di beni caratterizzate dalle modalità di acquisto senza che sia
stata detratta l’iva a monte (es. assegnazione di bene acquistato da cedente soggetto privato
oppure assegnazione di bene strumentale acquistato da soggetto passivo che non abbia esercitato
l’opzione per l’iva) e concluse prima dell’entrata in vigore del decreto Iva (101)
.
Vediamo allora come si risolve il problema se l’indicazione di un corrispettivo o di un valore
normale più elevato possa dirsi vincolante oltre che per l’applicazione dell’imposta sostitutiva
dell’ires e dell’irap in capo alla società anche per l’applicazione dell’imposta di registro.
Un primo orientamento (102) ritiene che sia possibile concludere analogamente a quanto
previsto per i beni cui sia applicabile il criterio del prezzo valore. Si sostiene cioè che in presenza
della opzione ai sensi dell’art. 1 comma 117 legge 208/2015 per l’applicazione del valore catastale
e pur in presenza di un corrispettivo o valore normale maggiore dello stesso valore catastale, si
potrà comunque contare su due distinte basi imponibili. La prima relativa al corrispettivo e/o al
15
valore normale più elevato, su cui andrà calcolata l’imposta sostitutiva, e la seconda determinata
su base catastale, su cui andrà versata l’imposta di registro (103)
.
Una seconda differente interpretazione, sostenuta dall’Agenzia delle Entrate (104) ha invece
precisato che il valore (o il corrispettivo maggiore) utilizzato per l’applicazione dell’imposta
sostitutiva costituirebbe in ogni caso anche la base imponibile per l’applicazione dell’imposta di
registro (105)
.
Questo significherebbe che, se per la determinazione della base imponibile su cui calcolare
l’imposta sostitutiva, in luogo del valore catastale, si facesse riferimento al valore normale o al
corrispettivo, anche l’imposta di registro dovrebbe essere liquidata sugli stessi identici valori (106)
.
In definitiva secondo il Fisco con riferimento alle operazioni agevolate (107) cui non sia
applicabile il prezzo valore non sarebbe possibile effettuare l’opzione per il valore catastale ex lege
208/2015 solo per l’applicazione dell’imposta di registro (108), in quanto non sarebbe consentito
utilizzare valori diversi ai fini del calcolo delle diverse imposte (109)
.
4.1 Come opera l’opzione per il valore catastale in relazione alla possibilità di indicare ai
fini del calcolo dell’imposta sostituiva anche un valore intermedio tra lo stesso valore catastale e
il valore normale del bene?
Il dubbio è sollevato da due documenti di prassi della amministrazione finanziaria.
Nella circolare n 26 del 2016 pag. 15 ove si prevede che nella determinazione della base
imponibile ai fini della applicazione dell’imposta sostitutiva il valore del bene possa essere assunto
anche in un importo intermedio tra il valore catastale e il valore normale.
Inoltre nella successiva circolare n. 37 del 2016 ove al paragrafo 13 si precisa che nel caso in
cui il contribuente non eserciti l’opzione per il valore catastale trovino applicazione i principi
sanciti dagli articoli 43 e 51 del Tur. Non operando allora l’art. 52 comma 4 il contribuente non
potrebbe avvalersi della inibizione al Fisco di ogni attività di controllo e di accertamento.
Ai fini fiscali pertanto l’indicazione di un valore intermedio o meglio diverso da quello
catastale potrebbe esporre al rischio di un accertamento.
Sarebbe pertanto preferibile, se si voglia beneficiare senza rischi dei relativi vantaggi,
effettuare l’operazione utilizzando esattamente il valore catastale.
A meno che non si voglia ritenere che l’opzione per il catastale sia possibile anche in
presenza di un valore di assegnazione rispetto ad esso superiore (110)
.
5. Fiscalità dell’assegnazione in capo al socio
Anche il tema della fiscalità in capo al socio potrà risultare penalizzante per la scelta della
assegnazione.
Mentre infatti la cessione e la trasformazione, di norma (111), non generano in capo
all’acquirente e/o al socio alcun reddito imponibile, al contrario, l’assegnazione potrà risultare
16
fiscalmente onerosa nei confronti degli assegnatari, anche (112) in applicazione del regime speciale
in argomento.
In particolare le assegnazioni effettuate a titolo di ripartizione di riserve di utili (113), e in caso
di sottozero (114)
, anche quelle effettuate a titolo di restituzione di riserve di capitale (115), possono
far emergere un reddito (116) imponibile (117) per il socio percettore (118). La normativa di favore
consente, a seconda dei casi, di ridurre l’imposizione al punto da neutralizzarla, completamente
(119) oppure in misura parziale, rispettivamente azzerandone o diminuendone il carico fiscale.
Nello specifico la base imponibile potrà essere ridotta non solo dell’importo pari al
differenziale (120) su cui la società dovrà versare l’imposta sostitutiva ma anche in misura
corrispondente alle passività nelle quali sia subentrato il socio assegnatario.
Se ricorra l’ipotesi della totale estinzione di ogni debito tributario in capo al socio,
l’assegnazione si porrà sullo stesso piano delle altre soluzioni.
La stessa operazione risulterà invece più penalizzata nella diversa ipotesi in cui emergerà un
imponibile da sottoporre a tassazione. In tal caso la ricaduta fiscale, se particolarmente gravosa,
potrà costituire un argomento decisivo per orientare diversamente la scelta.
5.1 Quali sono le componenti che nella normativa di favore riducono l’imposizione diretta
in capo al socio di società di capitali?
L’imposizione in capo al socio di società di capitali (121) in caso di assegnazione in natura è da
considerare in maniera distinta a seconda se avvenga con la distribuzione di capitale e/o di riserve
di capitale, oppure mediante distribuzione di utili.
Nel caso che si operi sul capitale o su riserve di capitale oltre al valore del bene e al
differenziale su cui la società ha versato la sostitutiva, ai fini del calcolo rileverà anche il costo della
partecipazione (122) anteriore all’assegnazione.
Nel caso invece di distribuzione di utili in natura ai fini del calcolo delle imposte dovute dal
socio, rileveranno solo il valore normale o catastale del bene e il differenziale su cui la società ha
versato la propria imposta sostitutiva (123)
.
5.2 Come opera l’imposizione diretta in capo al socio di società di persone?
Le conclusioni indicate nel paragrafo che precede per le società di capitali valgono anche per
le società di persone; in queste però, trattandosi per definizione di riserve già integralmente
tassate in applicazione del principio di trasparenza, sia in capo alla società che in capo al socio, la
distribuzione obbedirà alle medesime regole, a prescindere se si tratti di riserve di capitale e/o di
riserve di utili.
Essendo quindi sempre possibile rilevare il costo della partecipazione, il vero problema per il
socio di società di persone si traduce nel confrontare il valore catastale/normale dell’immobile con
il costo della partecipazione da determinarsi con le specifiche modalità indicate dall’art 68 comma
17
6 del Tuir al netto del differenziale su cui sia stata pagata l’imposta sostitutiva e delle riserve in
sospensione d’imposta eventualmente annullate per consentire l’assegnazione.
Lo scenario assume una connotazione ancora più specifica nel caso in cui si approfondiscano
i particolari rapporti intercorrenti tra i soci relativi al rispetto del principio di parità di trattamento
tra i soci (124)
.
5.3 È possibile effettuare una assegnazione di beni non proporzionale alla partecipazione
posseduta?
Per inquadrare il problema va premesso che una società che intenda distribuire utili o
restituire riserve di capitale e/o capitale sociale potrà farlo sia mediante attribuzione di danaro che
mediante l’assegnazione di beni.
Le operazioni dovranno essere effettuate in entrambi i casi nel rispetto della par condicio tra
i soci in forza del quale le attribuzioni dei beni devono rispettare in via proporzionale le quote di
partecipazione al capitale da ciascuno di essi possedute.
La fattispecie della assegnazione di beni ai soci non proporzionale alla partecipazione
detenuta si realizza assegnando gli unici immobili di proprietà della società solo a un solo socio
senza assegnare nulla all’altro o agli altri soci oppure attribuendo solo ad alcuni dei soci beni di
valore notevolmente superiore rispetto a quello dei beni assegnati agli altri (125)
.
Non si porrebbe pertanto alcun problema ad esempio nel caso di assegnazione dei beni a
tutti i soci in comproprietà così come nella assegnazione di “tutti i beni agevolabili” solo a un socio
attribuendo agli altri soci altri beni esclusi dalla normativa di favore oppure un ammontare in
danaro (126); oppure ancora in caso di assegnazione a tutti i soci di beni immobili che abbiano valori
pressoché simili con un minimo discostamento (127) di scarso ammontare (128)
.
5.3.1 Quali sono i riflessi sul piano civilistico della assegnazione di beni non proporzionale?
Come si diceva nella introduzione occorre sempre premettere la verifica della fattibilità
dell’operazione sul piano civilistico.
La dottrina (129) che si è interessata al problema ha concluso positivamente ritenendo che
l’operazione sia consentita con l’unanimità dei consensi e il rispetto del principio della integrità del
patrimonio nonché dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico come il rispetto del
divieto del patto leonino di cui all’art. 2265 c.c..
A tali considerazioni, condivisibili, va solo aggiunto che pur non essendo consentita una
delibera che a maggioranza assegni un bene a uno solo dei soci, non si potrà nel contempo non
apprezzare in senso positivo una analoga delibera che sempre a maggioranza deliberi
l’assegnazione di beni a tutti i soci nel rispetto della par condicio ad esempio assegnando villette
tutte uguali).
È stato inoltre precisato con riferimento a una ipotesi di scioglimento di società di persone
(130), concludendosi per la soluzione positiva, che sarebbe possibile inquadrare la fattispecie della
18
assegnazione non proporzionale come rinuncia da parte degli altri soci al rimborso dei
conferimenti e alla ripartizione della eventuale eccedenza ad essi spettante ai sensi dell’art 2282
c.c.. Il diritto alla quota di liquidazione è infatti un diritto patrimoniale come tale disponibile da
parte di ciascun socio il quale può rinunciarvi (131)
.
Risolta positivamente la problematica civilistica occorre analizzarne i riflessi fiscali.
5.3.2 Quali sono i riflessi fiscali della assegnazione non proporzionale?
Occorre premettere che gli effetti fiscali della assegnazione non proporzionale non risultano
condizionati dal rispetto dei principi civilistici. A prescindere quindi se l’operazione sia stata o
meno posta in essere con il consenso unanime dei soci e nel rispetto delle norme a tutela del
capitale la fattispecie potrà risultare imponibile sia per la società che in capo al socio assegnatario.
Per la società a seconda di come venga impostata potrà rilevare come un’ipotesi di
destinazione a finalità estranee (132) oppure come una sopravvenienza attiva (133)
.
Per il socio invece occorre distinguere l’impatto dell’operazione nelle imposte indirette
rispetto a quelle dirette.
In ordine alle imposte indirette a seconda della ricostruzione degli effetti giuridici prodotti,
l’assegnazione non proporzionale potrà rilevare in ragione della causa come un atto traslativo a
titolo oneroso oppure come un atto rilevante ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni (134)
.
Nelle imposte dirette invece la fattispecie potrà far conseguire al socio assegnatario dei beni
un reddito imponibile dipendente dalla probabile emersione del cosiddetto sottozero (135) e per gli
altri soci non assegnatari, ritenersi verificato il presupposto di imposta per la maturazione di
redditi diversi (come se avessero ceduto le proprie partecipazioni (136)).
La situazione descritta e il notevole carico fiscale che ne potrebbero derivare inducono a
ritenere preferibili altre soluzioni volte a non far emergere materia imponibile senza che possa
esserne contestata la natura elusiva argomentando da quanto sostenuto dalla stessa agenzia delle
entrate (137)
.
5.3.3 Quali possono essere le soluzioni alternative alle assegnazioni non proporzionali di
beni?
La problematica potrebbe essere risolta innanzitutto scegliendo la soluzione della cessione
agevolata rispetto alla quale non si porrebbe alcun problema di proporzionalità di attribuzioni (138)
.
Se invece si volesse comunque preferire l’assegnazione (139), si potrebbe adottare una delle
soluzioni più avanti indicate, rispetto alle quali occorrerà verificare volta per volta il relativo
impatto fiscale (140)
.
Nello specifico si potrà:
. far precedere l’operazione da un atto di “sistemazione interna delle quote” tra i soci
(donazione/cessione) (141);
19
. suggerire il recesso “consensuale” del socio con attribuzione di beni solo in suo favore a cui
far seguire la cancellazione della società da parte del socio o dei soci superstiti;
. procedere comunque alla assegnazione, attribuendo al socio che riceva il bene immobile
anche un debito in misura tale da abbattere il valore del bene stesso e mantenere la
proporzionalità della attribuzione (142)
.
. procedere comunque alla assegnazione dei beni e prevedere il pagamento di conguagli in
danaro a favore dei soci che non ricevano beni di valore adeguato alla propria partecipazione (143)
.
Ogni socio riceverebbe un trattamento proporzionale alla quota di capitale sociale posseduta e
nessuno risulterebbe svantaggiato (144)
. Va precisato che la rilevanza fiscale del versamento di
conguagli nell’operazione di assegnazione dipende dal soggetto che effettui il relativo pagamento
(145)
.
Se il conguaglio venisse versato dalla società (146) non emergerebbe un reddito imponibile in
capo alla stessa in quanto la fattispecie sul piano sostanziale sarebbe identica alla distribuzione di
una somma di danaro, al punto che non emergerebbe neanche la “non proporzionalità” delle
attribuzioni.
Per il socio assegnatario che riceva il conguaglio dalla società risulterà invece determinante
individuare il tipo di riserva utilizzata, di utili o di capitali.
Nel caso diverso, in cui il conguaglio sia versato dai soci assegnatari dei beni immobili agli
altri soci, si potrebbero verificare due distinti presupposti d’imposta.
In relazione alle imposte dirette i soci che ricevano le somme in danaro potrebbero maturare
redditi diversi (come se avessero ceduto le proprie partecipazioni (147)) oppure redditi di capitali
perché nei fatti e come si stesse ricevendo un dividendo diversamente denominato.
Sul piano delle imposte indirette invece l’orientamento del Fisco è quello di tassare
l’operazione con l’applicazione dell’imposta di registro residuale del 3% ai sensi dell’art. 9 tariffa
parte prima del dpr 131/1986 (TUR) (148)
.
Potrebbe risolversi in tal senso anche il caso di assegnazione di beni al solo nudo proprietario
(149) rispetto al quale l’usufruttuario presti il suo consenso a non ricevere nulla (150). Va ricordato a
tal proposito che l’eventuale assegnazione di beni all’usufruttuario di quota non potrebbe essere
agevolata in quanto secondo il Fisco (151) solo il nudo proprietario di quota può giovarsi delle
agevolazioni previste dalla normativa in argomento (152)
.
6. Opzione per una delle operazioni agevolate: le ragioni della scelta
L’opzione per una delle soluzioni agevolate può essere giustificata da motivazioni di diritto
sostanziale oltre che di natura tributaria.
Sul piano civilistico, la nuova normativa potrà risultare indicata in funzione divisoria, per
favorire la separazione di patrimoni immobiliari intestati a società, oppure per procedere più
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agevolmente alla chiusura delle società in liquidazione (153) che detengano beni e che ancora non
abbiano concluso la liquidazione (154)
.
Le assegnazioni in particolare si prestano a risolvere situazioni connesse a specifiche vicende
societarie quali il recesso, l’esclusione e la riduzione reale del capitale o lo scioglimento (155), con
evidenti vantaggi rispetto ad analoghe operazioni poste in essere in periodi non agevolati.
Sul piano fiscale, invece, le operazioni agevolate si rendono preferibili rispetto ad altre
soluzioni principalmente per favorire l’estromissione agevolata dei beni immobili dal regime fiscale
d’impresa. In particolare da quelle società che siano solo uno schermo rispetto alla attività di
gestione passiva dei beni. È opportuno ricordare a tal proposito che il Fisco (156) ha ritenuto non
elusiva la scissione con attribuzione alla newco beneficiaria di beni immobili cui segua la
trasformazione agevolata in società semplice (157), operazione tramite la quale favorire la
fuoriuscita agevolata dei beni dal regime fiscale di impresa.
L’assegnazione agevolata peraltro potrà risultare conveniente anche se si voglia deliberare la
distribuzione di utili in natura perché sul piano fiscale si potrà beneficiare della disapplicazione del
disposto dell’art 47 comma 3 del Tuir. Il valore imponibile, anziché nella misura ordinaria stabilita
da tale norma (valore normale del bene) potrà risultare solo in dette operazioni agevolate in
misura pari al valore catastale del bene e addirittura ridotto in misura pari al differenziale
assoggettato ad imposta sostitutiva dalla società (158)
.
Infine, ognuna delle tre operazioni agevolate potrebbe risultare particolarmente vantaggiosa
se fosse utilizzata anche per ottenere la rivalutazione del costo fiscale dei beni appartenenti
all’impresa. Il tutto in funzione di una futura vendita da parte dei soci o della società semplice
risultante dalla trasformazione agevolata.
Con il duplice vantaggio della rideterminazione del valore di acquisto del bene e di far
pervenire il ricavato direttamente in capo ai soci anziché alla società.
Va sottolineato a tal proposito che il Fisco ha chiarito che la cessione onerosa del bene che
abbia formato oggetto di un’operazione agevolata posta in essere poco prima della stessa
cessione non costituisce abuso del diritto (159). Ciò, ad esempio, consentirebbe di ritenere
preferibile operare su un valore normale più elevato oppure un corrispettivo della cessione più
alto in funzione della rivendita e in particolare utilizzare sia l’assegnazione che la cessione, ma
anche la trasformazione in società semplice, come strumenti di rivalutazione del costo fiscale del
bene. Bisognerà tuttavia prestare attenzione in chiave elusiva a come verrà costruita l’intera
operazione e agli eventuali riflessi in materia di imposta di registro di cui si è parlato più sopra.
6.1 Plusvalenze da rivendita posta in essere dal socio assegnatario/acquirente o dalla
società semplice.
Come noto le fattispecie traslative a titolo oneroso di beni immobili possono rilevare quali
componenti positive del reddito d’impresa sia come plusvalenze immobiliari, nel caso in cui si
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trasferiscano beni strumentali o beni patrimoniali, o come ricavi, nel caso in cui oggetto della
cessione siano beni merce.
Il carico fiscale può risultare particolarmente gravoso per la società cedente al punto da
scoraggiare in taluni casi l’operazione stessa; non essendo peraltro neanche applicabili le eccezioni
proprie dei redditi diversi.
Tali situazioni alla luce della applicazione della nuova normativa agevolativa, potrebbero
essere risolte con maggiore convenienza proprio sul piano fiscale facendo transitare i beni dalla
sfera giuridica della società a quella dei soci o della società semplice che potrebbero procedere
direttamente alla vendita. Le alienazioni immobiliari effettuate da tali soggetti, rispetto alle
analoghe cessioni che avrebbe dovuto porre in essere la società commerciale, potrebbero godere
del vantaggio di non far maturare plusvalenze imponibili o di conseguirle solo in misura parziale.
Pur rappresentando la massima cautela nella adozione delle soluzioni indicate l’applicazione
combinata degli artt. 67 e 68 del tuir e della normativa di favore ex art. 1 commi 115/120 legge
208/2015 così come riproposta dalla legge di bilancio per il 2017 consentirebbe di neutralizzare in
tutto o in parte le imposte dovute, non solo perché risulterebbe possibile elevare il costo fiscale
del bene da rivendere, ma anche perché potrebbero risultare esenti le eventuali plusvalenze
conseguite.
Le operazioni agevolate, tuttavia, si pongono in maniera differente sia riguardo alla
determinazione del costo fiscale del bene, da utilizzare come sottraendo nel calcolo della
differenza con il valore normale/catastale o il corrispettivo, che in ordine al giorno da cui far
decorrere il quinquennio per maturare il diritto alla esenzione (arg. ex art. 67 tuir).
Le operazioni di assegnazione e di cessione sono accumunate dalla coincidenza del giorno a
partire dal quale far decorrere i cinque anni di esenzione che per entrambe è la data dell’atto
traslativo.
Si pongono invece in maniera differente rispetto al costo da assumere in capo al socio per la
determinazione del costo fiscale del bene su cui calcolare la plusvalenza (arg. ex art. 68 tuir).
Nell’assegnazione lo stesso sarà pari al valore normale o catastale del bene che la società
abbia assunto ai fini della determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta
sostitutiva (160). In caso di assegnazione (161) quindi sarà possibile neutralizzare completamente la
futura plusvalenza (in capo al socio), mediante l’indicazione del valore normale maggiorato in
misura pari al prezzo della vendita successiva. Bisognerà tuttavia prestare attenzione ai riflessi
connessi alla perdita dei vantaggi relativi alla opzione per il valore catastale.
Nella cessione, invece, il costo fiscale del bene da assumere in capo al socio, risulterà in
misura pari al corrispettivo percepito (162) dalla società nella alienazione al socio stesso, a
prescindere dal suo ammontare e dal valore normale o catastale del bene. A differenza di quanto
stabilito per la determinazione dell’imposta sostitutiva rileverà sempre il corrispettivo, anche se
risulti inferiore al valore normale/catastale del bene.
22
Dunque in caso di cessione agevolata, si potrebbe abbattere completamente la plusvalenza,
convenendo in essa un corrispettivo (163) pari o superiore al prezzo della successiva rivendita che
porrà in essere lo stesso socio (164)
.
Ancora diversa e, almeno per tale finalità preferibile (165), è la soluzione della trasformazione
in società semplice, che preceda la cessione onerosa, perché anche a detta del Fisco (166) non
interrompe il quinquennio (167). La società semplice potrebbe procedere alla vendita non
conseguendo alcuna plusvalenza imponibile, dovendo computare la decorrenza dei cinque anni
dal momento dell’acquisto (168), quando il bene era ancora nel patrimonio della società prima della
trasformazione, e non dalla più recente data della deliberazione/decisione che l’abbia ad oggetto
(169)
.
Giova ricordare inoltre e a tal fine che la distribuzione di somme di danaro da parte della
società semplice non genera reddito imponibile per la società e neanche per i soci (170)
.
7. Gli assetti successivi alle operazioni agevolate.
Prima di prendere la decisione finale occorre considerare anche le ricadute in relazione alla
gestione delle imposte relative ai beni che formino oggetto delle operazioni agevolate.
I beni già appartenenti alle società commerciali si troveranno nel patrimonio di un soggetto
diverso che potrà essere un’altra società commerciale, a sua volta socia (171) o un soggetto privato
non imprenditore oppure ancora una società semplice.
Se nel primo caso il regime di tassazione dei beni rimarrà sostanzialmente identico, regolato
sempre dall’Ires e dall’assoggettamento a Iva, negli altri casi, invece, sia che si tratti di privati non
imprenditori che società semplici, il regime delle imposte dirette sarà quello dell’Irpef e sul piano
delle imposte indirette le operazioni risulteranno fuori campo iva, non più imponibili o esenti.
Analizziamo tale ultimo scenario.
7.1 Ricadute nell’ambito Iva.
Nell’ambito Iva il giudizio risentirà soprattutto della disciplina fiscale delle locazioni in corso
(172); si passerà da una gestione societaria ( iva o registro ) a una gestione da soggetto privato non
esercente impresa arti o professioni (registro).
La verifica verterà in particolare sulla rettifica della detrazione in relazione all’iva già detratta
e sull’impatto fiscale della futura gestione dei beni di proprietà sociale. In particolare in relazione
alla tassazione e alla detraibilità dell’imposta relativa ai canoni di locazione (173)
.
7.2 Ricadute in materia di imposte dirette
Anche per l’applicazione delle imposte dirette occorrerebbe aver riguardo (174) al carico
fiscale della gestione dei beni in capo ai soggetti persone fisiche non esercenti imprese arti o
professioni cui saranno intestati. Dovranno essere considerate a tal proposito le aliquote marginali
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su cui i soci scontano l’Irpef sui propri redditi personali, ai quali andrebbero ad aggiungersi (175)
quelli maturati con la locazione dei beni ricevuti a meno che non sia applicabile la cedolare secca
(176) oppure relativi alla partecipazione nella società semplice per effetto del principio di
trasparenza (177)
.
Conclusioni
Le operazioni agevolate in definitiva presentano dei riflessi in materia di imposte dirette e di
Iva che è opportuno vagliare caso per caso.
La valutazione potrà risultare condizionata anche dalla tipologia dei beni che formano il
patrimonio sociale e dalla loro futura gestione.
Il risultato potrebbe consigliare di optare non solo per una sola delle operazioni agevolate
ma anche per soluzioni miste (178) che contemperino sia l’assegnazione che la cessione agevolate,
nonché eventualmente anche la trasformazione in società semplice.
