Stallo societario: vendere la propria quota o acquistare (allo stesso prezzo) la quota altrui?

La clausola “russian roulette” ha la finalità di risolvere una situazione di stallo societario in ipotesi di joint ventures societarie. In applicazione di tale clausola un socio può obbligare l’altro socio a vendere la propria quota ad un dato prezzo o acquistare, al medesimo prezzo, l’altrui quota di partecipazione.

Il tema è stato approfondito da pronuncia del Tribunale di Roma, Sez. imprese, del 19 ottobre 2017, n. 19708,

DISCIPLINA CODICISTICA

L’art. 2484 c.c. al punto n. 3, prevede, tra le altre possibili cause di scioglimento di una società di capitali, due forme di mancato funzionamento dell’assemblea: “l’impossibilità di funzionamento” e la “continuata inattività” della stessa.

La prima è una fattispecie di “blocco” interno all’assemblea che ha per oggetto l’esistenza di contrasti difficilmente sanabili nella compagine sociale tali da impedire il funzionamento dell’assemblea stessa, nonostante questa di volta in volta si riunisca e si costituisca validamente.

E’ considerato sintomo di non funzionamento/inattività, la mancata nomina/sostituzione dell’organo amministrativo o dell’organo di controllo, a seguito di (almeno) due convocazioni nell’arco minimo di un anno (entrambi i requisiti devono essere presenti, quindi dovranno essere comprovate almeno due convocazioni e tra queste deve intercorrere almeno un anno di tempo).

Con riferimento alla “continuata inattività”, questa va intesa come l’assenza, per un periodo prolungato, di qualsivoglia attività dell’assemblea, dovuta al fatto che quest’ultima non riesce nemmeno a riunirsi o a costituirsi validamente .

In questi casi si tratta di contesti patologici, prolungati nel tempo, e non superabili ed essere tali da non consentire nemmeno l’approvazione delle delibere basilari per la continuazione dell’attività sociale come, per esempio, l’approvazione del bilancio.

E pertanto, in caso di perdurante paralisi assembleare, lo scioglimento della società si rende necessario al fine di tutelare i creditori, in quanto la situazione di conflitto renderebbe “…impensabile, e comunque diseconomica, una prosecuzione secondo i meccanismi assemblearie gestori di legge e statuto dell’attività della società…” .

Il ritardo o l’omissione degli amministratori può comportare la loro responsabilità personale e solidale per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori e dai soggetti terzi ai sensi dell’articolo 2485 cod. civ..

L’inserimento di una clausola antistallo che, benché legislativamente atipico, tende quindi a risolvere le situazioni di impossibilità deliberativa di un organo e, quindi, di arresto decisionale che possono determinarsi laddove i soci detengano ciascuno una partecipazione pari alla metà del capitale sociale.

TRIBUNALE DI ROMA, SEZ. IMPRESE, DEL 19-10-2017, N. 19708,

VICENDA PROCESSUALE

Una S.p.a. (B) decideva di vendere ad una S.r.l. (A) la metà delle azioni da essa possedute in altra S.p.a. (G).

Le due società, (A) e (B) proprietarie così di una partecipazione sociale egualitaria in (G), concordavano di stipulare un patto parasociale, volto ad assicurare un’efficace governance della partecipata (G).

Veniva infatti previsto che, in presenza di una situazione di inattività degli organi sociali o di mancato rinnovo dei patti alla scadenza del quinquennio, (B) avrebbe potuto determinare il prezzo del 50% del capitale sociale di (G) ed (A) avrebbe dovuto acquisire la partecipazione di (B) a tale prezzo o, in alternativa, vendere la propria quota a quest’ultima, al medesimo prezzo.

Uno dei due soci, in questo caso (B) aveva la facoltà di indirizzare un’offerta di acquisto all’altro socio (A), comunicando il valore che si attribuiva alle partecipazioni rappresentative dell’intero capitale sociale.
Il socio oblato (A) veniva così posto dinanzi all’alternativa tra:

  • accettare l’offerta e vendere al prezzo determinato dal socio che aveva intrapreso l’iniziativa; o in alternativa
  • acquistare la partecipazione dell’altro al medesimo prezzo.

Nel corso dell’annualità 2011 (B) valorizzava in 40 milioni di euro la metà del capitale sociale di (G) ed intimava formalmente (A) a voler comunicare la propria intenzione di acquistare o cedere la partecipazione, conformemente a quanto previsto dal patto parasociale.

La società oblata (A) decideva di intraprendere il giudizio innanzi al Tribunale di Roma, al fine di far accertare, in via principale, la nullità dei patti parasociali e, in particolare, della cd. “russian roulette clause”, oltre agli effetti della nullità sui contratti ad essi causalmente collegati e agli effetti restitutori e risarcitori, che ne conseguivano.

L’invalidità della clausola in questione è stata sostenuta in giudizio con tre principali argomentazioni:

  • il prezzo di vendita/acquisto era stato determinato secondo il mero arbitrio di uno dei contraenti;
  • il prezzo di vendita/acquisto non era stato ancorato all’effettivo valore della partecipazione oggetto di trasferimento; a tal proposito si citava la giurisprudenza (Tribunale di Milano, 1-04-2008) che aveva sancito la nullità della clausola di drag along (o clausola di co-vendita) qualora essa non prevedeva che il prezzo di cessione fosse pari, almeno, al valore attribuibile alla quota nel caso di recesso del socio che ne fosse titolare.
  • la clausola di roulette russa violava il divieto del patto leonino.

LE ARGOMENTAZIONI DEI GIUDICI

Un socio è legittimato a porre l’altro socio nell’alternativa tra vendere la propria quota al prezzo stabilito dalla controparte o di comprare, per quello stesso prezzo, l’altrui quota di partecipazione al capitale sociale.

Il Tribunale di Roma, in sede di disamina, ha respinto le argomentazioni proposte da parte attrice valorizzando la clausola statutaria che, scongiurando lo scioglimento della società, evitava la distruzione del valore imprenditoriale.

I Giudici della sezione specializzata hanno disapprovato l’osservazione secondo cui la clausola avrebbe rimesso al mero arbitrio del socio (B) la determinazione del prezzo di acquisto/vendita delle quote di partecipazione: al contrario la circostanza che la clausola di roulette russa offriva al socio (A) la facoltà di acquistare la partecipazione altrui o di vendere la propria, consentiva di escludere che la determinazione del corrispettivo della compravendita potesse essere considerata come assunta arbitrariamente dal socio (B).

Sulla valorizzazione del prezzo di acquisto/vendita al valore della quota oggetto di trasferimento, il Tribunale di Roma rigetta fermamente la richiesta di parte attrice che richiamava le statuizioni di una sentenza del Tribunale di Milano che aveva sancito la nullità della clausola di drag along: trattandosi di due fattispecie strutturalmente diverse in quanto il meccanismo della roulette russa assicura(va) di per sé l’equità della valorizzazione della quota del socio (A).

Infine, sulla pretesa nullità della clausola di roulette russa per violazione del divieto di patto leonino di cui all’articolo 2265 del Codice civile (e cioè il divieto di pattuizioni che determinassero l’esclusione di un socio dalla partecipazione agli utili o alle perdite), il Tribunale di Roma ha affermato che la clausola in questione non determinava l’effetto che il divieto in questione presidiava.

ALCUNE RIFLESSIONI

Non di rado, in particolare nelle realtà di piccole dimensioni e/o di carattere familiare, accade che più soci detentori ciascuno titolare di partecipazioni paritetiche del capitale sociale, non riescano – con il trascorrere del tempo e per le più svariate ragioni – a trovare gli equilibri per la prosecuzione condivisa dell’attività imprenditoriale.

Ci si chiede quindi, come cercare di superare lo stallo decisionale che determina l’ingovernabilità dell’azienda. La soluzione del Tribunale di Roma è aderente all’orientamento prevalente, che ammette la rimessione ad una delle parti della determinazione del prezzo a condizione che non ci si riferisca al mero arbitrio della parte. E d’altra parte se l’alternativa è rappresentata dalla dissoluzione dell’impresa, dalla perdita di posti di lavoro e dai costi e lungaggini della procedura liquidatoria della società, non resta che accogliere con favore le statuizioni del Tribunale di Roma e la meritevolezza degli interessi perseguiti da clausole statutarie che possono essere utilizzate per regolamentare, già in sede di atto costitutivo, delicate situazioni e scongiurare un triste epilogo del progetto imprenditoriale.

Attilio Romano

11 luglio 2018

P. ZANAZZA, http://www.diritto24.ilsole24ore.com/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2012/10/il-mancato-funzionamento-dellassemblea-dei-soci-come-causa-di-scioglimento-di-una-societa-di-capitali.php?uuid=ABIBGkC

L. RECCHIONI, Se l’assemblea non delibera la società si scioglie. EC News, 14-07-2017, secondo cui <Non è necessario che i bilanci non approvati dall’assemblea siano più di uno: ai fini della sussistenza della causa di scioglimento, anche la mancata approvazione di un solo bilancio può assumere rilevanza, quando i “plurimi giudizi arbitrali e statuali che impegnano i due soci paritetici in una lotta intestina senza prospettiva di accordo” delineano un quadro di “dissidio paralizzante” (Tribunale Prato, 17.12.2009)>

Tribunale Milano, 22-05-2015.